Il numero di partita IVA è il codice attribuito ai sensi dell’art. 35 co. 1 del DPR 633/72 all’operatore divenuto soggetto passivo IVA al fine di:
- identificare il soggetto e attestare il suo status fiscale, sia con riferimento alle operazioni effettuate in Italia, che alle operazioni effettuate in altri Stati;
- agevolare il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria per assicurare la riscossione dell’imposta.
Caratteristiche della partita iva
Il numero è composto da 11 cifre (le prime 7 rappresentano il numero progressivo del contribuente nell’ambito dell’ufficio; l’ottava, la nona e la decima cifra rappresentano il codice identificativo dell’ufficio IVA; l’undicesima cifra è generata automaticamente dal sistema Anagrafe Tributaria e ha funzione di controllo dell’esatta trascrizione delle prime dieci cifre). Quando il numero identificativo è utilizzato nei rapporti con l’estero è preceduto dal prefisso di identificazione dello Stato membro (“IT”).
Nella maggior parte dei casi, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, il numero di partita IVA attribuito coincide con il codice fiscale. La non coincidenza dei due codici si verifica laddove l’attività d’impresa viene avviata successivamente alla costituzione dell’ente, come accade di solito per gli enti non commerciali ovvero nelle ipotesi di trasformazioni soggettive.
Ambito soggettivo
Il numero di partita IVA è attribuito:
- ai soggetti residenti in Italia che intraprendono attività d’impresa, arte o professione,
- alla stabile organizzazione costituita nel territorio dello Stato dal soggetto non residente,
previa presentazione, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, di apposita dichiarazione mediante uno dei seguenti modelli:
- modello AA7 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche);
- modello AA9 (per gli imprenditori individuali e i lavoratori autonomi).
Soggetti non residenti
Il numero di partita IVA è attribuito anche ai seguenti soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia:
- soggetti UE o extra-UE che hanno nominato un rappresentante fiscale (art. 17 co. 3 del DPR 633/72); in tal caso, il numero viene attribuito a seguito della presentazione del modello AA7 o AA9 da parte del rappresentante medesimo (questi può ottenere l’attribuzione di tanti numeri di partita IVA quanti sono i soggetti rappresentati);
- soggetti UE che hanno optato per l‘identificazione diretta (art. 35-ter del DPR 633/72) e che hanno ottenuto il numero di partita IVA italiano a seguito della presentazione del modello ANR/3 al Centro Operativo di Pescara.
Si ricorda che gli istituti della stabile organizzazione, della rappresentanza fiscale e dell’identificazione diretta sono fra loro alternativi, per cui un soggetto non residente identificato in Italia ai fini IVA che intenda ivi costituire una stabile organizzazione è tenuto a chiudere la partita IVA precedentemente attribuitagli in qualità di soggetto non residente.
Il soggetto UE munito di rappresentante fiscale può decidere di identificarsi direttamente ai fini IVA in Italia (e viceversa). In tal caso, occorre chiudere la partita IVA ottenuta in precedenza e richiedere l’attribuzione di un nuovo numero.
Trasferimento della sede in Italia
La società estera che intende trasferire la propria sede in Italia, se già possiede nel territorio dello Stato una stabile organizzazione, può mantenere il numero di partita IVA attribuito a quest’ultima, previa comunicazione ex art. 35 del DPR 633/72 delle eventuali modifiche da eseguire, purché il medesimo diritto alla “continuità giuridica” sia riconosciuto anche alle società italiane nel Paese di provenienza (risposta interpello 800/E/2021).
Casi particolari
Tipologia di soggetto | Modalità di identificazione ai fini IVA |
Enti non commerciali non soggetti passivi IVA | Sono tenuti a richiedere l’attribuzione della partita IVA qualora abbiano effettuato acquisti intracomunitari per un ammontare superiore alla soglia di 10.000 euro su base annua prevista dall’art. 38 co. 5 lett. c) del DL 331/93, ovvero, pur non avendo superato tale soglia, hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia (art. 50 co. 4 del DL 331/93) |
Produttori agricoli ex art. 34 del DPR 633/72 | Sono tenuti a richiedere l’attribuzione della partita IVA anche qualora si avvalgano del regime di esonero dagli adempimenti ex art. 34 co. 6 del DPR 633/72 (R.M. 25.3.91 n. 445126) |
Soggetti che esercitano più attività con contabilità separate | Mantengono una posizione IVA unitaria nei confronti dell’Erario, per cui restano titolari di un solo numero di partita IVA. |
Gruppo IVA | Al Gruppo viene attribuito un proprio numero di partita IVA, che è riportato nelle dichiarazioni e in ogni altro atto o comunicazione relativi all’applicazione dell’imposta (art. 1 co. 5 del DM 6.4.2018). Le partite IVA dei partecipanti vengono associate alla partita IVA del Gruppo ma non vengono cessate né sospese (nota Agenzia delle Entrate 24.12.2018) |
È stato chiarito che, nell’ambito della gestione commissariale di un’impresa affidataria di un appalto pubblico, la gestione separata dell’attività di interesse pubblico da parte di soggetti terzi nominati dal prefetto non comporta l’attribuzione di un’autonoma partita IVA diversa da quella della società commissariata (risposta interpello 46/E/2020).
Modalità di attribuzione partita iva
La partita IVA è attribuita in via telematica dall’Agenzia delle Entrate a seguito della presentazione della dichiarazione di inizio attività (art. 35 del DPR 633/72) ed è attestata al dichiarante mediante il rilascio o l’invio del relativo certificato di attribuzione. Ove la dichiarazione sia presentata da un soggetto incaricato della trasmissione telematica (art. 35 co. 11 del DPR 633/72), questi provvede a consegnare il certificato di attribuzione della partita IVA al contribuente.
Effetti dell’attribuzione del numero di partita IVA
La presentazione della dichiarazione di inizio attività (e la conseguente attribuzione della partita IVA) non rappresenta un atto costitutivo della soggettività passiva ai fini IVA, configurandosi, piuttosto, come un requisito formale ai fini del controllo.
L’art. 213 del direttiva 2006/112/CE, infatti, si limita a prevedere l’obbligo, per il soggetto passivo IVA, di dichiarare l’inizio della propria attività. Sulla base di tale principio, la Corte di Giustizia UE ha ritenuto legittimo l’esercizio del diritto alla detrazione IVA da parte di un soggetto che, all’atto del ricevimento delle fatture di acquisto, non ha ancora dichiarato l’inizio della propria attività, purché il medesimo soggetto sia effettivamente in possesso dei requisiti sostanziali per l’esercizio della detrazione e la dichiarazione venga presentata entro un termine ragionevole dal ricevimento delle fatture stesse (Corte di Giustizia UE 21.10.2010, causa C-385/09 e 21.3.2000, cause da C-110/98 a C-147/98).